Storia di una cucina (Vanessa Sorrentino, 2010)
Monika Wolf è nata ad Essen in Germania e dal 2002 inizia la sua ricerca con l’associazione “Arte da mangiare”. In effetti verrebbe voglia di mangiarle alcune delle sue opere, capaci come sono di sollecitare tutti i sensi. La sensualità della pittura infatti ospita piccoli innesti di materiali organici come spezie e altre piacevolezze alimentari.
Con la mostra Storia di una cucina (Chiostro dei Glicini / Società Umanitaria / Milano / novembre 2010) Monika Wolf ci accompagna nello spazio più intimo della casa, dove la vita si rinnova e si riproduce grazie al semplice ed ancestrale gesto della preparazione del cibo. Un ambiente abitato tradizionalmente dalle donne, storicamente schiave e, tutto sommato, padrone del focolare domestico. E il fuoco, si sa, era l’elemento attorno al quale si concentrava tutta la casa. La parte per il tutto, il fuoco, il camino – e quindi i più moderni fornelli e cucine a gas – condensano nelle fiabe l’immagine della casa. Ed è proprio Il focolare il titolo dell’installazione composta dai mobili della cucina anni ’40 appartenuti alla madre e da un fornello. E insieme una piccola cucina delle bambole e il lebkuchenherd (fornello giocattolo fatto di dolci), la riproduzione fedele in miniatura dell’universo femminile. Giocattolo destinato anche nei giochi infantili alle future madri, sorelle e mogli che dovranno prendersi cura dei loro cari.
Un destino segnato per generazioni, la cucina, è il luogo dove si consuma una pratica avvolta da un alone magico, quella di preparare e cucinare il cibo. Il cibo è nutrimento che assimilato si fa corpo, e in questo si esprime la sua forza, il suo potere. Un potere tradizionalmente femminile. Come in un’operazione alchemica il cibo viene prima preparato dalle mani delle donne e poi trasformato dal fuoco. In seguito scomposto in molecole dal nostro corpo si fa carne e sangue.
Il processo di ricerca di questa artista si insinua tra le pieghe della propria storia famigliare, perché il cibo è soprattutto memoria. Brevi note a margine delle ricette ritrovate in casa della madre, testimoniano il passaggio di conoscenze da una generazione all’altra, dalla nonna alla madre, dalla madre alla figlia. Una storia matrilineare, frutto della ricerca fatta da Monika su antichi manoscritti tramandati dalla sua famiglia, che vanno dagli anni ’30 ai giorni nostri. Monika riscrive nelle sue tele queste ricette con la mano sinistra, stabilendo così un rapporto diretto con l’inconscio, senza l’interferenza della ragione. Un gesto questo che le permette di entrare in contatto con gli aspetti più profondi della psiche, con la naturalezza e l’istinto. Un ritorno alla madre, alle ricette e ai simboli dell’infanzia. (…)
Vanessa Sorrentino, per il blog “Stanze sensibili” (17 novembre 2010) Vai al blog ‣
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